Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XXI – 13 aprile 2024.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

La MRI fetale consente la diagnosi differenziale precoce di anomalie del corpo calloso. L’impiego della MRI fetale si è rivelato utile per l’identificazione e la classificazione di anomalie del corpo calloso, dopo il sospetto diagnostico formulato mediante lo studio ultrasonico prenatale. La MRI consente di distinguere tra anomalie isolate e complesse del corpo calloso, anche nei casi più difficili. Ulteriori progressi nella definizione di alterazioni, malformazioni e anomalie della sostanza bianca cerebrale fetale sono allo studio mediante DWI e DTI.  [Cfr. Marathu K. K. et al., Diagnostics (Basel) 14 (4): 430, 2024].

 

Identificati gli interneuroni che controllano la transizione funzionale nella corteccia. L’attività neuronica sincrona è un contrassegno del cervello in corso di sviluppo. Nella corteccia cerebrale del topo, l’attività perde correlazione durante la seconda settimana di sviluppo post-natale, acquisendo progressivamente le caratteristiche del pattern “sparso” tipico dell’integrazione dell’informazione sensoriale. Critica per questo processo è la maturazione dell’inibizione, ma finora non sono stati identificati gli specifici interneuroni responsabili di questa cruciale transizione di attività di rete nella corteccia cerebrale in via di sviluppo.

Laura Modol e colleghi coordinati da Oscar Marin hanno identificato gli interneuroni esprimenti somatostatina quali responsabili del controllo della temporizzazione della transizione nella dinamica di rete dal regime di sviluppo a quello di elaborazione dell’informazione sensoriale. Gli interneuroni a somatostatina collegano criticamente gli input sensoriali ai circuiti locali, modulando la maturazione degli interneuroni esprimenti parvalbumina. [Cfr. Neuron – AOP doi: 10.1016/j.neuron.2024.03.014, 2024].

 

Scoperta l’origine di un fenomeno corticale che ci riporta agli interneuroni della notula precedente. Nei circuiti della corteccia cerebrale, i tipi cellulari interagenti creano interessanti andamenti funzionali non-lineari: comprendere l’origine di questo fenomeno è stato finora un rompicapo senza soluzione. Felix Waitzmann e colleghi, mediante una combinazione di analisi matematiche e simulazioni al computer, hanno scoperto come meccanismi di plasticità a breve termine identificati sperimentalmente possano dare origine a un fenomeno non-lineare definito response reversal.

In particolare, una modulazione top-down durante la locomozione animale interessa la risposta di interneuroni esprimenti somatostatina differentemente, in dipendenza delle condizioni di stimolazione visiva. Questo studio non si limita a chiarire l’origine della response reversal, ma rivela anche il legame tra questo fenomeno ed elementi chiave su come operano i sottostanti circuiti della corteccia cerebrale. In particolare, i ricercatori hanno accertato che il fattore decisivo è l’influenza inibitoria degli interneuroni esprimenti somatostatina sulla stabilità delle dinamiche di rete. [Cfr. PNAS USA – AOP doi: 10.1073/pnas.2311040121, 2024].

 

I maltrattamenti infantili alterano la struttura del cervello in età adulta. È noto che i maltrattamenti infantili rendono gli individui suscettibili di problemi di salute nel corso della vita, ma finora non erano state definite le basi biologiche di queste conseguenze. Sofia C. Orellana e colleghi coordinati da Edward T. Bullmore hanno accertato, in un campione di oltre 20.000 volontari, che i maltrattamenti erano direttamente predittivi di trauma in età adulta, obesità e infiammazione, e indirettamente predittivi di cambiamenti strutturali del cervello associati a questi fattori di rischio immunometabolici e sociali. [Cfr. PNAS USA – AOP doi: 10.1073/pnas.2304704121, 2024].

 

La depressione di cui soffriva Kierkegaard ne ha condizionato la filosofia? Anche se la nostra scuola neuroscientifica è contraria al gioco delle diagnosi psichiatriche postume, formulate da interpretazioni di processi psichici inferite da contenuti documentali, nel caso della diagnosi di disturbo depressivo in Kierkegaard, formalizzata da Giovanna Rezzoni, non ha obiezioni da muovere. Infatti, non si è trattato di interpretare come deliri delle idee mettendole in rapporto con un funzionamento psichico di base impossibile da esplorare, come nelle numerose diagnosi di psicosi attribuite in passato ad artisti e personaggi storici, ma semplicemente di recepire quanto affermato dallo stesso filosofo e dettagliatamente circostanziato nel corso di tutta la vita. A cominciare da una citazione dal suo Diario: “Fin dall’infanzia sono preda della forza di un’orribile malinconia, la cui profondità trova la sua vera espressione nella corrispondente capacità di nasconderla…”.

Le interessanti tesi sviluppate dalla Rezzoni prendono le mosse dall’ipotizzare quale sarebbe stato il suo atteggiamento mentale se fosse guarito dallo stato depressivo. Con ogni probabilità la sua avversione alla filosofia di Hegel sarebbe rimasta immutata, in quanto profondamente radicata nelle convinzioni religiose: a suo avviso Hegel riteneva di aver liquidato il cristianesimo, ma si sbagliava, mentre lui aveva dimostrato che, pur da credente, poteva andare molto oltre il pensiero hegeliano. Tuttavia, in molti altri casi, le sue aporie rese indecidibili dalla mancanza di energia mentale, sarebbero state risolte da una decisione.

Un suggerimento circa il modo in cui si sarebbe potuto comportare senza il peso dell’abulia depressiva ci viene dal suo Diario di un seduttore, romanzo epistolare pubblicato per la prima volta nel 1843 all’interno dell’opera Aut-Aut: Johannes, il protagonista, mette in atto un raffinato, astuto ed elegante gioco estetico di seduzione per conquistare Cordelia, ma, quando ottiene l’innamoramento della donna, si sente appagato e, non sentendo più il desiderio di possederla, l’abbandona in una logorante disperazione. La razionalizzazione di Kierkegaard circa questo modo di agire, che ci rivela un aspetto represso della sua personalità, suona all’incirca così: il vero seduttore esaurisce il proprio piacere nell’attimo della conquista, e poi cambia oggetto del desiderio.

Se non fosse stato depresso, con i sensi di colpa che hanno caratterizzato e condizionato tutta la sua vita, si sarebbe comportato come il suo personaggio, come Johannes il seduttore?

Secondo Giovanna Rezzoni, si. Nella realtà della vita, Kierkegaard a 24 anni si era perdutamente innamorato di Regine Olsen che ne aveva solo 14, e l’aveva corteggiata per tre anni, fino a quando Regine, diciassettenne, si dichiarò innamorata di lui. Ma, dopo aver ottenuto dal padre di lei il permesso di fidanzarsi, Kierkegaard avviò un lunghissimo e tormentato rapporto originato dal suo conflitto interiore, suscitato dall’idea del matrimonio inteso come scelta definitiva, che lo spaventava, e lo induceva a comportamenti frustranti e ingiusti nei confronti della ragazza. Il filosofo razionalizzava la sua ambivalenza con il timore di non riuscire a conciliare l’impegno come filosofo e scrittore con quello di marito. Ma, se questa fosse stata una consapevolezza emersa in una serena ed equilibrata esperienza psichica, Kierkegaard avrebbe deciso in un senso o nell’altro, non protraendo per anni con grande sofferenza reciproca quel rapporto di coppia.

A differenza di quanto afferma nella prima giovinezza, crescendo le sue convinzioni circa sé stesso e il mondo si delineano con precisione sempre maggiore: non gli manca la soluzione, ma la forza di decidere. Ci aiuta a comprendere questo aspetto della sua psicologia l’atteggiamento che assume nella sua tesi di laurea dottorale (Sul concetto di ironia in riferimento costante a Socrate): si identifica con Socrate a fronte di tre possibilità di affermare la verità filosofica contro il pensiero della doxa, ossia quella del profeta, quella dell’eroe tragico e quella di Socrate, che con l’ironia mostra la contraddittorietà dell’errore. Per ironia dobbiamo qui intendere un gioco che rende la ragione una pura evidenza.

Se adottiamo questa guida nell’analizzare l’evoluzione del suo pensiero, ci appare evidente che l’approdo cui giunge dopo sofferte riflessioni su angoscia, disperazione e fede poteva essere raggiunto molto prima, e dunque non ci sembra azzardata la tesi di Giovanna Rezzoni: “Senza quella zavorra depressiva, troppo pesante per una vita così breve, ci avrebbe regalato anni di lucidi sviluppi speculativi in contrapposizione dialettica con la Fenomenologia dello spirito e le altre grandi costruzioni hegeliane”. [Fonte: Seminario Permanente sull’Arte del Vivere BM&L-Italia, aprile 2024].

 

I determinativi Sumero-Accadici e le routine funzionali del nostro cervello. Molti anni fa, a un convegno di neurofisiologia in cui si rilevava che numerosi tratti di sostanza bianca, circuiti e connessioni erano attivati nelle più disparate funzioni e dunque non si riusciva ad attribuire loro un ruolo funzionale, il nostro presidente avanzò l’ipotesi che questi elementi fossero delle “routine” reclutate dall’attività principale che conferiva loro, di volta in volta, significato neurofisiologico. Forse anche per la giovane età del proponente, l’ipotesi non suscitò alcun commento e passò nel silenzio dell’uditorio. Oggi, e da anni, questa funzione è implicitamente prevista nella descrizione delle basi neurofunzionali di un gran numero di processi.

L’idea era venuta al nostro presidente dallo studio della decifrazione di antiche scritture: i linguisti esperti del campo avevano individuato in alcune scritture l’esistenza di determinativi in grado di conferire senso diverso a una stessa sequenza di segni.

In particolare, nella scrittura sumero-accadica e in quella egiziana si riconoscono degli elementi aggiuntivi introdotti inizialmente per specificare il significato di una sequenza. Ad esempio, gli scribi si rendevano conto che una successione di grafi indicava un elemento verticale, alto, presente nell’ambiente ma che, rispetto al contesto di riferimento, poteva essere letto tanto come “colonna”, quanto come “albero”. Allora, se lo scriba voleva intendere “colonna”, prima della sequenza introduceva il determinativo “pietra”, se voleva intendere “albero”, il determinativo “legno”. Sappiamo poi che l’uso dei determinativi nei secoli si è irrigidito, diventando un espediente classificatorio; i determinativi formano una serie chiusa che suddivide i possibili significati in classi omogenee: i paesi, le divinità e così via. Ma rimane interessante l’accostamento fra una sequenza aspecifica e un circuito aspecifico, entrambi specificabili da un “determinante” che conferisce il senso del momento. [Fonte: Seminario Permanente sull’Arte del Vivere BM&L-Italia, aprile 2024].

 

Notule

BM&L-13 aprile 2024

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